Sera

Âèòàëèé Ëåîíåíêî
Il Maestro di Sera, vestito all’antica,
con i capelli argentei lisci,
spalancando la tenda misteriosa,
ai miei occhi apre la vista
simile al laboratorio d’alchimista
o talor’ al teatro squisito e grandioso
piu' di tutte le cose diurne, oppure
il tempio di qualche segreta religione
senza simboli, senza scritture,
che vuol distruggere le prigioni
del pensiero, penetrante la realta'
attraverso tutti i veli,
fin’ al fondo infinito dei cieli,
alla tutta calma, tutt’ ineffabile solennita'. 

Il vecchio Maestro separa meta'
di turchino piu' denso dei firmamenti,
fondendolo nella fiamma dell’ ultimo sole,
e ne versa nel Golfo, le cui labbra di sale,
le labbra sinuose di tufo emanano caldo vivente
com’ i fianchi della consorte che aspetta.
Dal vaso rotondo si leva il vapore di rosa,
sopr’ il mare, un altro mar nebuloso
in cui il Vesuvio s’immerge al petto
tremola Sorrento dalle chine scintillanti,
dal faro lontano, all’ orizzonte, 
Capri pulsa con verdi chiamate,
inudibili sospiri del tramonto.
Inudibili onde bagnano le gambe, 
ma languisce nello strazio il cuore
dall’estatico gemito, dal tormentato clamore
dei gabbiani colle ali candide sventolanti.
Sotto il velo di mussolino di rosa,
con la corona di faville di riva,
come un’ombra pallida evasiva
rinasce il Tuo volto silenzioso
e poi si disperde... E nullo suono,
niente d’intendere. O Lumine mio,
anelo avvicinarti, ma sono
senza coraggio per il tardo cammino.

“E' tardi, – si sente da dietro la voce. –
Ecco la barca, se hai voglia, nuota”.
Mi volto, e vedo che chiusa e' la porta,
la tenda oscur’ e' caduta. E non c'e'
qu’il mio Maestro. E resta la scelta:
o volgermi verso le tue stelle, Mistero,
che la notte non getti la rete sua nera,
o vegliare nel buio, nel sassoso deserto. 

E senza parola Ti grido, tacendo,
Ti bramo, Ti chiamo fin’ alle lacrime,
Ti temo, e tremo e non so niente,
niente di Te, del tuo strano reame.
Chi sei? E che mi vuoi rivelare?
Ascolti e guardi a me fissamente,
e taci, e taci infinitamente,
coperta con i tuoi veli crepuscolari.
Il velo di nozze? Il lenzuolo?
Sei vita o morte? Com’ posso saperlo?

...E nelle tenebre rimango da solo,
seduto sul tiepido sasso del molo, 
quel sasso esanime, senza favella.